Parte II°

papi

 

Uno dei ricordi più ‘antichi’ ma vividi della mia infanzia, è di una calda estate in cui io e mio padre siamo sul terrazzino della camera, luogo che raramente ho frequentato in gioventù. Lui aveva i capelli neri, basettoni lunghi, capigliatura tipica del periodo. barba ben fatta, come sempre. Una camicia o una polo color carta da zucchero e blue jeans, anche quelli tipici del ‘nostro’ periodo di quegli anni ormai lontani.

Io gli chiedo: ma papà tu quanti anni hai?

E lui risponde placidamente  con un gran sorriso: 44.

Ricordo di essere stato ammaliato o forse affascinato da quella cifra.

Andavo in giro a dirlo a tutti. Anche negli anni a venire.

Ora io ne ho quasi 46. E mi trovo a parlare di questo microscopico, ma fantastico ricordo.

In casa eravamo in 4, il mio papà Mario, mamma Ambrogina, io che all’epoca frequentavo le elementari, mia sorella Annalisa, che probabilmente in quel momento non aveva ancora iniziato le scuole, ma era ancora all’asilo.

Avevamo una piccola radio nera e cromata in cucina, una Sanyo. Veniva accesa a mezzogiorno mentre pranzavamo insieme. Il radiogiornale trasmetteva in modo professionale ed impeccabile le notizie nazionali. I miei genitori a volte dovevano mettere dei tovaglioli appesi a bottiglie di acqua o vino a fare da separè fra me e mia sorella, capitavola, dato che mentre si mangiava io le facevo le boccacce, lei rideva come una pazza e di conseguenza scattava il momento ilarità totale. Quindi i miei si trovavano ‘costretti’ a separarci provvisoriamente affinchè finissimo il pranzo.

La sera invece si accendeva una televisioncina Telefunken, bianca e nera. immortale (che mi avrebbe accompagnato per lunghissimi anni a venire). Ed i ricordi, a ventaglio si aprono e fioriscono. D’estate si cenava in cucina o direttamente in terrazzino, dove un tavolino a ribalta era il posto fantastico del nostro buffet. D’inverno si cenava invece a quella che chiamavamo la ‘casa vecchia’, intorno ad un tavolo rotondo in vimini, camino acceso al massimo, patate avvolte nella carta stagnola ed immerse nella brace. una cassa di profumatissimi mandaranci, una di arance, si compravano da un tizio al ‘pilastrello’, o almeno io ricordo così. Le serate erano estremamente semplici quanto intriganti.

Quando la stagione era idonea, anche le caldarroste sul fuoco scaldavano col loro profumo l’aria circostante. E le bucce avvolte nei fogli della Gazzetta venivano poi bruciate nel camino. Stessa cosa valeva per le bucce degli agrumi che gettavamo sulla brace per profumare tutto intorno.

La nostra camera invece, era si profumata di fuliggine, agrumi o castagne, ma era gelida come un frigorifero. Quando era il momento di coricarsi ricordo che mi infilavo totalmente sotto le coperte a cercare di scaldare tutto attorno a me. O meglio, questa era la sensazione. Nella realtà, non ricordo mai una notte persa per il troppo freddo, anzi, tendenzialmente fu proprio il periodo in cui passai le mie notti di sonno più profondo e riposante. D’estate era sempre fresca la nostra camera, quindi si dormiva altrettanto bene. E forse queste cose sono quelle che rimpiango maggiormente in certi periodi.

I miei genitori sono sempre stati delle persone estremamente tranquille e posate, non hanno mai alzato una mano verso di noi. Qualche scaramuccia infantile faceva parte del gioco, ma come succede in tutte le famiglie formate da genitori e figli piccoli.

Passavamo i giorni tra compiti, giochi,passeggiate e momenti condivisi con gli zii e le zie. Dei miei nonni quasi non ho memoria. Qualcuno molto vago di mia nonna Amalia e altri ben più chiari di mia nonna Gilda. I miei nonni se ne sono andati troppo presto per me e per i miei ricordi. Ma sono anche convinto che ci hanno voluto tanto bene quanto ora i miei genitori vogliono bene ai miei figli.

Mio padre tra poco di primavere potrà dire di averne viste parecchie, per scherzare gli diciamo che tra qualche giorno compirà 18 anni…  Ma a parte il colore dei capelli, tendenzialmente è cambiato poco… Recentemente siamo stati in cima al Grignone, meta a noi cara, come anche in Valle Spluga, altra zona cara alla mia infanzia. Mio padre non si è mai tirato indietro a nulla quando c’era da andare in montagna. Ed imperterrito (ma forse un poco più coscienzioso) continua ancora oggi. Il pizzo Stella una delle mete ‘storiche’ della gioventù, ma anche buona parte delle cime visibili tra Como e Lecco, qualche miniera abbandonata, qualche grotta, qualche breve arrampicata. Una nuotata al lago saltuariamente, camminate a cercare funghi con la zia Rita o semplicemente tanto per camminare, accompagnarmi nelle mie ‘gare’ ciclistiche o podistiche, a fare il tifo silenziosamente. A cercare fossili o minerali o semplicemente una gelateria dove strafogarci. Tanti chilometri percorsi insieme. Tanti ricordi da condividere insieme. Tanti anni abbiamo condiviso, qualche momento di titubanza o incomprensione, ma in generale credo, almeno dal mio punto di vista, tanti momenti VERI passati vicini.

DSCF5866

Quanti spaventi ho fatto prendere, quante ansie ho fatto passare ai miei genitori, quante preoccupazioni. E non rinnego che tutt’ora non li risparmio di qualche batticuore che potrei evitargli. La cosa non è stata reciproca ovviamente.

Ricordo vividamente la faccia di mio padre quando lo sportello del treno Milano Asso, in quel lontano 3 dicembre si chiuse alle mie spalle. La mia pelle abbronzata come non mai. I capelli imbionditi e candidi dopo mesi di sole africano. Una mimetica desertica, di cotone, decisamente fuori luogo per il periodo invernale. Una toppa blu con scritto ‘United Nation’ attaccata sulla spalla. Mia sorella più piccola imbarazzata che chiede “Ma è il Lele?”

Mi si strige il cuore al pensiero di quei momenti.

 

 

 

Parte II°ultima modifica: 2019-09-01T23:51:31+02:00da vividistinto
Reposta per primo quest’articolo