ESEMPLIFICATIVO DI STUDIO

STUDIO, RICERCA E RILIEVO DELLA GROTTA

Tana del Lòff”

a cura di

Emanuele Citterio

Riccardo Citterio

A partire dal mese di aprile del 2019, gli autori si sono dedicati ad una serie di ricerche e studi riguardanti una piccola ma ben nota cavità. Si tratta della localmente conosciuta ‘Tana del Lòff’, nella Val Sorda, tra i comuni di Brenna ed Inverigo.

La grotta si apre nei pressi del sentiero che attraversa l’intera valle, versante ovest.

Si tratta di una tipica formazione nel conglomerato, qui fortemente presente, a testimonianza della imponente influenza dovuta alle passate ere e glaciazioni quaternarie.

Nota da tempo immemore, dal nome si presume si tratti di una vecchia dimora per lupi, molto probabilmente solo leggenda, ma sicuramente abitata comunque da animali selvatici della zona ed occasionalmente sfruttata da pastori od agricoltori locali.

La ricerca si è svolta in fasi alterne e strutturata principalmente nello studio di fauna cavernicola (prevalentemente troglossidi e troglofili), eventuali resti storici, e rilievo della cavità per poterla nomenclare al Catasto Speleologico Lombardo.

Durante la prima giornata di studi, mentre Papi Lele si dedicava all’ osservazione e fotodocumentazione della fauna presente, Il Capitano Riccardo durante la ricerca di minerali, notava delle curiose forme a soffitto. Si tratta chiaramente di almeno due nidi, ma nonostante la richiesta di aiuto di esperti, non siamo riusciti a classificare con precisione il vero costruttore di queste piccole dimore. Sono piccoli ripari assemblati con vegetazione e muschio, ben sagomati in nicchie a soffitto, poco distanti dall’ingresso della cavità. I sospettati principali potrebbero essere dei micromammiferi, roditori, per esempio (Muscardinus avellanarius (Linnaeus1758), oppure topo selvatico (Apodemus sylvaticusLinnaeus1758), anche se alcuni hanno anche ipotizzato nido di scricciolo (Troglodytes troglodytes (Linnaeus1758), o merlo acquaiolo (Cinclus cinclus (Linnaeus1758), ma quest’ultimo vista la zona è meno probabile. Il mistero quindi per ora resta irrisolto.

Sempre a soffitto abbiamo notato una grandissima varietà di aracnidi. Naturalmente a farla da padrone in quantità e dimensioni (notevoli date le temperature) erano i Meta menardi (Latreille, 1804),

dall’ inconfondibile pattern addominale. Vederne così in abbondanza in un ambiente non prettamente ipogeo ha lasciato molto contento il Papi Lele. Anche se a dire il vero scrutarli nella penombra muoversi e calarsi rapidi con le loro invisibili ragnatele ci ha fatto più volte rabbrividire.

Notevoli, ma più rari esemplari di Metellina merianae. Ad uno di questi abbiamo dovuto strappare una parte della ragnatela per poterci addentrare ulteriormente nell’ antro. Molto meno notevoli per le dimensioni rari esemplari di Linphiidae, quasi candidi, abituati come sono all’oscurità, non hanno bisogno né di occhi, né di pigmenti, ecco perchè sono quasi incolori. Molto analoghi i Nesticidae, anche loro difficili da osservare ed identificare.

Un esemplare di Amaurobius ferox, incontrato casualmente durante il cammino ed almeno un paio di Liocranum sp. che rapidi correvano a terra vicini alle loro spesse tane di reticolati setosi. Insomma una grande varietà di specie in pochi metri quadrati. Quanta differenza fra le forme, colori e modi di costruire le loro ‘case-trappola’!

Nel terreno umido e ricoperto di vegetazione secca o marcescente abbiamo notato anche una grande varietà di gasteropodi, alcuni di notevoli dimensioni e senza guscio, altri minuscoli e con il classico guscio a chiocciola che funge da ‘casa e riparo’. Anche per questi ultimi abbiamo contato almeno quattro specie differenti.

Mentre Papi Lele preparava materiale per la documentazione, il buon Riccardo con occhio attentissimo segnalava l’incedere frettoloso di una rara Meloe proscarabaeus(Linnaeus,1758). Primo ed unico avvistamento per i due studiosi.

Altrettanto difficile da vedere ed identificare un coloratissimo esemplare di Ichneumonidae Ichneumoninae.

Su quest’ultimo insetto della classe imenotteri ci sarebbe da parlare ampiamente, essendo un noto parassitoide, depone le proprie uova all’interno dell’organismo ospite (un bruco, una cavalletta, un’ape) immettendo anche una sostanza paralizzante nel cervello delle vittime di modo che le larva possa nutrirsi della carne ancora fresca dell’ospite, dal momento che l’obiettivo della puntura della femmina di icneumonide è paralizzarlo senza ucciderlo.

(Nel secolo XIX lo studio delle modalità riproduttive di questo imenottero portò a discussioni sulla sua presunta crudeltà e la sua esistenza in natura che appariva incoerente con l’esistenza di un Dio creatore che avrebbe permesso, se non creato ad hoc, un animale la cui progenie crescesse nutrendosi di un essere vivo ed impotente a difendersi. Ma non è questo il luogo per ampliare ulteriormente la discussione).

Riccardo si è anche dedicato al distacco di un piccolo ciottolo di chiara origine fluviale, che appunto conferma il potente fenomeno della disgregazione preistorica delle Alpi, sedimenti trasportati poi nel corso di milioni di anni anche sotto forma di morene glaciali, e depositati quindi nella tipica formazione delle Gonfoliti di Como. Il conglomerato, testimone delle glaciazioni che plagiarono pesantemente tutto il territorio tra l’inizio del Neozoico ( 2,58 milioni di anni fa ) e l’ ultima delle cinque glaciazioni ( Wurm, 10000 anni fa ) ed utilizzato in tempi meno remoti per la costruzione di macine per i mulini.

Il Piccolo ritrovamento si trova attualmente nella collezione personale di casa Citterio, nomenclato e datato correttamente.

Nella seconda sessione di studi della cavità, l’attività principale è stata la misurazione planare e volumetrica del sito.

Riccardo armato di bussola e bindella ha prontamente aiutato il Papà nella misurazione sistematica dei vari ambienti, tracciando diverse misurazioni.

La complessa stesura del rilievo però è stata svolta in autonomia dal malcapitato Papi. La grotta è stata inserita nel Catasto Speleologico Lombardo con la sigla (…) ed il rilievo è consultabile su sito “Progetto Tu.Pa.Ca.” dove vengono raccolti tutti i dati riguardanti le cavità lombarde attualmente conosciute.

Attualmente questa è la seconda cavità in cui Riccardo ci mette lo zampino, l’altra è il cosi detto “Antro dei Pirati” – LoSo3124 a Madesimo ed a lui dedicata (n.d.r).

Mentre Riccardo armeggiava con bindella metrica e martello, ecco affiorare dei curiosissimi resti ossei. Dapprima piccoli e confusi nella terra poi ben chiari e visibili. Si tratta di costole, vertebre, un bacino e magia delle magie un cranio perfettamente conservato! E’ chiaramente di quadrupede, canide, la grossa indecisione del Papi Lele è tra volpe comune o cane. Anche l’ approfondimento fatto in seguito a casa lascia dei dubbi. Ma Visto il nomignolo del luogo ad un certo punto spariscono i dubbi e conveniamo che il ritrovato teschio sia attribuibile al mitico Lupo che abitava in questa grotta o forse a qualche suo lontano parente!

Dopo la solita documentazione fotografica, lasciamo tutto in loco, o meglio, tutto tranne le due zanne (canini) che il Papi Lele presto incastonerà a duraturo ricordo (come già lui stesso fece oltre 35 anni or sono) come ciondoli, su una fantastica collana che per sempre ricorderà questi intensi momenti.

ESEMPLIFICATIVO DI STUDIOultima modifica: 2019-07-31T23:32:43+02:00da vividistinto
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