Un’altro giorno a Balad

torre
Una mattina come tante altre con la sveglia anticipata, colazione anticipata, latte, 3 o 4 brioches nascoste nelle tasche dei pantaloni, una borraccia quasi piena di Nescafé e biscotti? Biscotti al burro ricoperti di zucchero granulare! Naturalmente marcati dal O.N.U. ma  prodotti in qualche sultanato del Medio Oriente. E sono pure buoni, evvai! Una stecca nel giubbotto ed un po’ nelle capienti tasche dei pantaloni, non ci stanno male. Torno verso la tenda, lavaggio denti, fine vestizione, giubbotto anti frammentazione, gibernaggio, caricatori, zainetto con qualche cosa di scorta, elmetto, scarrella, inserisci il caricatore nel F.A.L. con la sicura inserita, ripiega il calciolo, fucile in spalla e via sul “victor michael”, il VM90. Usciamo dal campo che il sole è sorto da poco ma ancora qualche minuto e lo avremo sopra le teste fino alle 16:30 17:00, poi come tutti i giorni l’ombra dei pochi alberi vicino a “Torre”, si allunghera abbracciandoci a rinfrescare un po’, dopo una lunga giornata passata sotto il sole cocente.
Soliti controlli, solite preoccupazioni, solito stress, soliti scambi di pensieri  parole e paure. Arriva un altro pullman, questo è mio. Salgo a controllare. Mi piazzo in mezzo alla strada con il fucile a tracolla e dò l’alt. Ill mezzo totalmente sconquassato cigola, frena, la vecchia porta arrugginita si apre lamentandosi. Davanti a me si presenta un assemblamento di gente che mi ricorda i sovraffollati pullmann dei primi giorni di scuola in città a Como. Faccio per salire, il fucile accanto a me, mai puntato. Un volto tondo color cioccolato che mi guarda esterefatto. I capelli rasati, gli occhi enormi si inumidiscono, Un bimbo si nasconde tra le lunghe gambe della mamma, inizia ad urlare e piange spaventato. Mi  rivolgo verso la madre che capisce guardandomi semplicemente negli occhi. Non parla la mia lingua, ma capisce immediatamente i miei sentimenti. Io salgo sul mezzo, gli odori dell’Africa mi circondano, le paure di persone inermi mi riempiono il cuore. Guardo in giro attentamente, all’inizio con la paura dei possibili imprevisti, poi con l’imbarazzo di essere nel posto sbagliato. guardo il bimbo e faccio come per accarezzare il capo del pargoletto urlante ma lui si scansa e piange. Intorno a me, mamme, bambini, anziani in viaggio per Moga.  Fuori dal pullman il vecchio maresciallo somalo sempre attento alla situazione, mi fa capire che è inutile controllare a fondo. Sto per scendere ma sfioro la tasca. Ci sono ancora! E’ mattina presto e… non li ho ancora mangiati: guardo il bambino, infilo la mano nella tasca ed estraggo alcuni dolci biscotti al burro. Allungo la mano ma lui è ancora diffidente. La mamma gli dice qualcosa, mi sorride, lui ancora titubante prende i biscotti e finalmente capisce. Mi sorride, un enorme sorriso di denti bianchissimi. La madre mi ringrazia, Io li saluto. Scendendo dall’ autobus mi rigiro cercando qualche altro dolcetto ma la porta è presto richiusa. L’autista parte con la solita fretta degli autisti somali. Il cuore batte forte, contento torno a camminare avanti e indietro sulla striscia di asfalto Imperiale, svolgendo al meglio il mio lavoro di controllo ed aspettando la sera, che dia un po’ di riposo e di ombra dopo una giornata passata sotto il sole cocente.
Non rividi altri biscotti al burro in mensa, ma neanche bambini spaventati.
torre camion
Ho imparato che le azioni che ci arricchiscono maggiormente sono quelle che aiutano gli altri, siano essi amici o sconosciuti, comunque esse si manifestino, verso il proprio paese o rivolte all’umanità intera.
Pensate agli altri non soltanto a voi stessi
Renato Robecco  – premio Nobel la medicina 1975
Un’altro giorno a Baladultima modifica: 2020-03-31T22:46:00+02:00da vividistinto
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